Suona il telefono della stanza d'albergo nel cuore di Sofia. E' Galina Kostova, direttrice amministrativa e ambasciatrice internazionale (in occasione dei sorteggi di Nyon) del Levski. Parla italiano e spiega quale sarà scaletta di giornata di una settimana anomala - per via della pausa di campionato della pausa dovuta alle nazionali. Più che altro, spiega a che ora ci si ritroverà, tutti insieme, per la cena che avrà luogo con patron Spas Rusev, proprietario della compagnia telefonica di bandiera Vivacom, che da lì a breve tornerà da Londra, sua residenza da una ventina d'anni. Seduti al tavolo del convivio, Delio Rossi - che nel frattempo ha ringraziato Galina e ha attaccato il ricevitore - gli parlerà del suo lavoro quotidiano al Levski, delle esigenze della rosa e di un mercato in perenne evoluzione.
Un Delio a Sofia
Non ha saputo resistere il tecnico riminese: da buon uomo del popolo, la sua prima esperienza all'estero - giunta all'età di 57 anni - ha deciso di intraprenderla nella "Squadra del Popolo", così come il Levski Sofia (che si rifà all'eroe del risorgimento bulgaro Vasil Levski) è conosciuto in patria, in cui può vantare 26 campionati vinti, altrettante coppe nazionali e 3 Supercoppe. L'ultimo trionfo nel torneo domestico, però risale alla stagione 2008-09. Era prima della rivoluzione Ludogorets Razgrad, piccola società di provincia che, a un certo punto, ha incrociato i destini del mega imprenditore Kiril Domuschiev (con interessi nel settore farmaceutico, immobiliare, edile e mercantile), che ha riscritto le gerarchie del calcio bulgaro, riempiendo la squadra di brasiliani e vincendo un titolo dietro l'altro. Il blasone (non solo del Levski, si pensi anche al Cska), è rimasto roba da annali. E la gran parte del tifo del paese est europeo, proprio non lo vuole accettare: vorrebbe ristabilire le gerarchie dall'oggi al domani "E questo non è proprio possibile", spiega in esclusiva a Eurosport Italia, proprio Delio Rossi.
E la Bulgaria?
" Non ho patito la mancanza di una panchina dopo l'esonero a Bologna di fine 2015. Sono un uomo di 57 e ormai ho capito come bilanciare le emozioni. Però ci tenevo a fare un'esperienza all'estero, perché allenare è l'unica cosa che so fare. Il giornalismo? No, non fa per me, non sarei riuscito a riciclarmi come molti miei colleghi. Preferisco il campo, il lavoro quotidiano col gruppo e la panchina. Qui ho poco tempo per vivere la capitale Sofia perché passo dalla mia camera d'albergo al campo di allenamento e viceversa, senza stop. Un giorno, però, ho chiamato la mia famiglia e ci siamo fatti, tutti insieme, una bella passeggiata. L'entusiasmo della gente, mi è rimasto nel cuore. Gliel'ho letto nell'affetto e negli occhi, perché non capisco una parola di bulgaro. Ma un giorno lo imparerò. "
Fonte:eurosport.com